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Mentre il Cigno canta tutti gli altri uccelli ascoltatori
(se crediamo a Melisto) pieni di maraviglia e d ammira-
zione ammutiscono. Ahi qual sar� quell ingrato cuore,
che l suono di questi canori accenti non onori con silen-
zio e con pianto? Audite caeli et obstupescite et admira-
mini omnes gentes. Il Cigno si tiene da nocchieri per
nunzio destro di prospera navigazione: onde finsero i
poeti che Venere dall apparire de Cigni il ritorno della
perduta armata augurasse ad Enea. Ma d auspicio oh
quanto pi� felice apportatore � questo Cigno a navigan-
ti del mondo, che tra gli scogli delle tentazioni e tra le
fortune delle tribolazioni ondeggiano: spes mea tu in die
afflictionis. Salus nostra in tempore tribulationis.
Il Cigno � di sua natura umano benigno e piacevole,
non ha fiele n� suole giamai nuocere, s altri non l irrita:
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Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
e se ben con l Aquila ha natural nemicizia, non per�
mai l offende, se non � prima da quella offeso. Oh che
stupenda conformit�! Non diffidi della misericordia di
Cristo chi pecca, non desperi del perdono de suoi falli
chi si pente, percioch egli � tutto piet� e tutt amore, n�
mai s adira o sdegna, se non provocato dalla malvagit�
de peccati e dalla ostinata perversit� de peccatori: cui
proprium est misereri semper et parcere. Che sia vero,
comprender si pu� dalla Musica del suo canto, Pater
ignosce illis.
Fu ricercata nel convito di Plutarco la cagione, perch�
da quell antico poeta Greco fusse stato detto: Musicam
docet Amor. E per molte ragioni si conchiuse non esser
cotal proverbio senza buon fondamento di prova. Ma
qui son ora io costretto a dire il contrario: Musica docet
Amorem; poich� dalla Musica oltramirabile di questo Ci-
gno amoroso, non � dottrina n� secreto d amore che non
s imapri. Fu per musico illustre e famoso dall antica Gre-
cia celebrato Tirteo, non gi� per altra cagione, se non
perch� col suo cantare irritava all ira ed alle battaglie la
giovent�: onde dal Poeta merit� quell encomio:
Tyrteusque mares animos in Martiae bella
Versibus exacuit.
Valse in ci� non meno Senofante, o (come altri vuole)
Timoteo, il cui canto fu potente ad infiammar di furore
il grande Alessandro e fargli dar di piglio all armi. D un
altro cantore fa altres� memoria Sassone Gramatico, il
qual, sonando e cantando, a tanto smoderamento di
rabbia concitava la mente di chi l udiva, che trasportar
si lasciava infino all ultima insania. Ma lunge da noi s�
fatta sorte di musica: vadane pur tra gli esserciti e tra
soldati nelle sanguinose campagne: quivi trionfi, e da
pacifici petti de Cristiani sia per sempre in tutto e per
tutto bandita. Perci� Diogene avendo il caso di Seno-
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Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
fante udito: �O quanto (disse) musico migliore fora egli
stato, se canto saputo avesse ritrovar tale, che l animo
d Alessandro furioso n avesse sentito il freno pi� tosto
che, riposato, lo stimulo�. Quinci molto pi� lodato fu
Empedocle, il qual ad un orgoglioso ed iracondo goivi-
ne che col ferro ignudo in mano un suo ospite assaliva,
sedando con musica non tanto severa la collera, gli fece
depore in un medesimo tempo il pugnale e lo sdegno. O
benignissimo, o mansuetissimo musico, che quando ve-
di la divina Giustizia pi� crucciosa contro l uomo strin-
ger la spada, per dargli de commessi delitti il meritato
castigo, anzi quando vedi il paterno rigore pi� adirato
con la destra tremenda vibrare il fulmine per punir colo-
ro che mal ti trattano, allora con le tue musiche note gli
fai cader l armi di mano, e, placato il suo furore, lo sfor-
zi, lo torci ed a tuo senno lo pieghi a clemenza. Onde se
gi� Caligula ammir� l affettuosa mansuetudine di quel
giovine flagellato, e compiacquesi della tenerezza del
suo lamento, mentre fra le battiture vocem formabat (per
usar le parole di Svetonio) etiam in fletu gemituque per-
dulcem, quanto pi� dovr� il gran Padre del Cielo intene-
rirsi, innamorato dalla dolcezza di quel canto, ancor tra i
flagelli e tra i dolori soavissimo? Pater ignosce illis, quia
nesciunt quid faciunt.
Pur come voglia dire: �Padre, se Mos� tanta auttorit�
ebbe teco pregando a favor d un popolo idolatra e d una
donna mormoratrice, ben debbo io con maggior fidanza
da te impromettermi l effetto della mia richiesta, mentre
per costoro intercedo, che, senza saper pi� che tanto, mi
offendono. Al cospetto de Magistrati temporali in mia
difesa io non apersi mai bocca: ma inanzi al tuo tribuna-
le eterno, per la tutela che ho presa dell uomo, grido ad
alta voce: Quand io trattai teco de miei interessi, apposi
la condizione alla preghiera: si possibile est, transeat. Or
in cosa dove importa la salvezza di chi amo tanto, la mia
dimanda � senza clausola, parlo assolutamente, � neces-
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Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
sario ch io sia essaudito: cos� voglio, fallo in ogni modo:
Pater ignosce illis. Non ti chiamo Re perch� gli affligga,
non Signore perch� gli punisca, non Giudice perch� gli
condanni, non Dio perch� gli saetti, ma Padre clemen-
tissimo perch� perdoni loro. Io stimo pi� la vita di que-
ste anime, che la mia propria, e tu devi pi� stimare la ca-
rit� con cui ti priego, che l iniquit� con cui essi mi
crocifigono. E seben dissi, che maggior carit� non si tro-
va, che morir per gl inimici, non credo io per� di morire
per gl inimici, percioch� in quanto a me niuno voglio
aver per tale: ed avvengach� altri mi abbia in odio, tutti
nondimeno dal mio canto mi son amici: anzi Giuda
istesso quando venne con tanta perfidia a tradirmi, volsi
onorare con questo titolo affettuoso. E perci� abbiano
(ti priego) fine in un medesimo punto la vita mia e l ira
tua. Fin qui la Giustizia ha troppo potuto e sempre vin-
to. � ben ragione e tempo che la Misericordia trionfi.
Vuole il dovere ch appo te un figlio possa pi� d un ser-
vo. Fa adunque che questo sangue che chiama piet�, sia
pi� efficace teco di quello d Abelle che gridava vendet-
ta. L ignoranza suole scusare i delinquenti. Se l umana
natura � sconoscente la mia divina natura � scoosciuta,
perch� nesciunt quid�. E questa non so s io mi dica ora-
zione o musica fu di tanta forza, che non altra cosa (s io
mal non giudico) diede alla conversione del Ladrone la
spinta; il qual (per mio credere), stupido ed attonito a
bont� cos� insolita, straordinaria e sopranaturale, com �
l essere ufficioso per gl inimici nel colmo delle villanie e
degli affronti, subito ne tira la divinit� in conseguenza, e
muoversi a chiederli parte nel suo reame, onde gli � ri-
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