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romana, potrete spappolarvela con un certo comodo. » Un po' diminuito, riguadagnò la sfera
dell'invisibilità.
Il caso di Zummo portò un'ispirazione. Pezzullo, Oprandi e Garofalo respinsero la
proposta con un cenno del capo, così pure D'Addio, ma precisando che lui trovava fuori.
« Tu trovi fuori? » ghignò Lippolis. « Ammazzete, Rafè! »
« Sì, io trovo fuori. »
« Tu ci hai la pupa romana, tu? Nessuno qui ti crede. »
« Benissimo, siamo tutti d'accordo. Prego san Gennaro che mi conservi la situazione
attuale: io a fottere fuori e voi a non crederci. »
Dian veniva, ma col ristretto programma di respirare ancora la vecchia sana gloriosa
atmosfera. « Non sali in camera? » « Ho moglie, » rivelò, e tutti allibirono.
Arrivarono al capolinea che il 7 era già partito, stracarico di fucilieri. Si avviarono a
piedi, subito attenti ad avvistare il tram tornante nella profondità della Nomentana. Donne
carnose sedevano sui gradini di casa, succhiando l'aria, i soldati cercavano di carpire fra le
gambe socchiuse il baleno della biancheria. Il tram li sorpassò di ritorno, semivuoto e
lanciatissimo. Calcolarono che li avrebbe ripresi in dieci minuti e rallentarono l'andatura. Si
lasciarono tuttavia sorprendere e dovettero scattare per non perderlo alla fermata.
Catapultarono dentro Lippolis e seguendolo lo trovarono già alle prese con un civile sui
quarant'anni, inviperito per l'urtone e l'insozzamento.
Era in giacca blu, calzoni, scarpini e panama bianco latte. Il pugliese gli aveva già sibilato
le sue scuse, ma quello, grottesco nel beccheggio del tram, non cessava d'insultarlo, ora
coinvolgeva i suoi tre compagni.
« Siamo soldati! » urlò Lippolis, non a scusante, anzi con un tono di esasperata
rivendicazione.
L'uomo era odioso, così azzimato, così impiegato ministeriale, così diretto alla Casina
delle Rose; Johnny più lo guardava e più si caricava di furore.
« Me ne frego che siate soldati! »
« Te ne freghi? » ruggì Johnny e scavalcò Lorusso e Lippolis ma venne a sua volta
investito e scartato da Dian. Vide la grossa mano bionda piombare su quella faccia
esecrabile. « Sono merda i soldati? » e pensò si spappolasse, ma senza schizzi, come una
mela spugnosa. L'uomo si abbatté contro uno schienale, poi franò giù, gli ampi pantaloni
immacolati rimboccati sulle gambe stecchite. Lippolis si fece sotto e su quel candore spatolò
le sue scarpe grasse di lucido. « I soldati » Il bigliettaio arrancava verso loro fendendo con
bestemmie il pubblico paralizzato, il manovratore rallentò e aprì la portiera. Johnny gridò di
coprirsi le mostrine, saltarono giù, ripararono nel tratto più ombrato del viale, mentre il tram
proseguiva liscio per Porta Pia. Si rassettarono, liberandosi a sbuffi dell'orgasmo e della
vergogna, poi ridacchiarono e Lorusso disse frivolo: « Mannaggia, Dian, il tuo furore slavo.
»
Nella strada del lupanare il crepuscolo tendeva a farsi sera. L'edificio aveva una superiore
apparenza di grande collegio ecclesiastico, stupenda trovò Johnny la fluttuante voluttuosa
aderenza dell'aria turchina all'alto spigolo affilatissimo. La via era instancabilmente battuta
da due acide ronde in senso inverso, fanteria e aeronautica, al-l'ingresso stazionavano alcuni
carabinieri, stanchi e paterni.
La vastissima sala d'aspetto era imbottita di rigidi soldati, il grigioverde dell'esercito
fagocitava i blu della marina e dell'aviazione. Attraverso il velo di fumo e fiati Johnny
guardò alto alla scala nobile, con quattro-cinque militari allineati per gradino, ipnoticamente
fissi al largo ripiano dominato da un carabiniere, moschetto imbracciato e faccia sardonica,
che ogni tanto spiava verso l'invisibile corridoio delle camere.
« Che schifo! » osservò Lippolis. « Ma dove siamo venuti a finire? »
Lorusso lo rimbeccò, sdegnato, come se rigettasse una imputazione: « Che pretendevi? I
salottini riservati? Sai cos'è la guarnigione di Roma? Chi schifa riesce. Io resto, io salgo, » e
si infilò di spalla nella crosta.
Dian emanava un forte calore, dall'altra parte Johnny aveva un vecchio fante, più vicino
ai quarant'anni che ai trentacinque: paziente e determinato, solo con gli occhi leggermente
disorbitati, solo con una arteria che gli pulsava al margine della pelurie brizzolata.
La calca scattò in alto cinquecento teste: alla ringhiera cromata si era affacciata,
campeggiando sul carabiniere, una donna; nulla di meglio di una governante, le pendeva sul
grembo la borsa dei gettoni. Si ritirò, Lippolis respirò più profondamente che poté, poi si
conficcò in quell'agglomerato. « Non credevo andasse, » disse Dian spassionatamente.
Quel carabiniere fece un cenno ai soldati sul primo gradino, passassero sul ripiano, quindi
nel corridoio. Si vide allora tutti gli uomini guadagnare sincronicamente lo scalino
sgombrato dagli antistanti e fermarcisi disciplinatamente, a tacchi uniti, come eseguendo un
comando militare in due tempi. Era così meccanicamente perfetto e intensamente umano
che Johnny ne pregustava la ripetizione, ci si preparava per tempo. Da dietro premevano
indecentemente, stampandogli la baionetta nella coscia; si voltò al possibile e vide la faccia
linfatica di un giovane fante, affiancato da uno anziano negli occhi del quale brillava
pungente l'astuzia della lunghissima naja. Entrambi milanesi, all'accento. Il vecchio lo
ammaestra e lo protegge nella naja, pensò Johnny, e il giovane i divertimenti li paga per
due.
« Ma è uno schifo! » protestava il giovane.
« Non direi, » obiettò il vecchio. « Anche da borghese, in coscienza, ne hai viste tante
case come questa? »
La recluta tentò invano di chiarire che non alludeva al locale, il veterano insisteva: «
Chissà cosa avresti detto del casino militare viaggiante in Albania, quando io mi trovavo
laggiù per i greci. Le donne, vere e proprie jene, circolavano in camion, gli autieri erano
naturalmente i loro amanti ufficiali, poi venivano i carabinieri della scorta. Nella località
stabilita alt: montavano la tenda, una per tutti e tutto, sul limitare uh catino e la brocca per le
lavature... »
Riguardò su: ecco Lorusso, il piccolo dandy, emergere per un attimo, imbottigliato al
sestultimo gradino; Lippolis, invisibile, sepolto negli strati infimi. Ci fu un altro segnale e
progresso, un-due. Johnny non riusciva più a scollare la lingua, aveva prurito e palpitazione,
il milanese giovane gli fiatava sul collo, lagnandosi che nel migliore dei casi l'ora della
ritirata lo avrebbe trovato a metà della scala. Anche Dian soffriva, tutto stemperato, sotto gli
occhi un umidore cereo. Il richiamato alla destra di Johnny non aveva perso un grammo di
pazienza e determinazione, sulla tempia l'arteria non martellava più ma si era rilevata come
un cordoncino roseo, da far specie.
Sul ripiano guizzò una femmina: non una governante, ma una delle ragazze, non più
succinta di una operaia in fabbrica. Dileguò nel corridoio, incalzata da uno strido di
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